Conobbi Anna in un bar di via Pacini, nel 2006. Mi serviva una mano per organizzare dei camp11cb4819-f5ac-46d4-a1b7-4a5bccd45383i con gli scout in Bosnia. Quando ci si incontra tra scout molte cose sono più facili: sai bene cosa hai in comune. Hai steso il tuo saccapelo dappertutto, hai fatto fatica, hai preso la pioggia, tanta pioggia, hai pensato di non farcela più. Sai di averlo fatto insieme ad altri.

Negli anni successivi organizzammo decine di campi per migliaia di ragazzi: sulle montagne intorno a Vareš, vicino ai campi ancora minati, a Srebrenica, dove il peso del genocidio è asfissiante, con le biciclette a Sarajevo, risorta con tante contraddizioni.

Chi è allora Anna? Insegnante, sposata, cresciuta negli scout. Chi la conosce non è stupito della sua rapida ascesa.

Anna è persona di evidente qualità, pensiero alto e instancabile concretezza. Non manca di ironia e sa tenere banco davanti a una birra. Penso a tre verbi: organizzare, esigere, ascoltare.

Organizzare:

Anna arriva in un pomeriggio assolato a Breza, piccolo paese minerario non lontano da Sarajevo. E’ venuta a trovarmi per fare il punto sul programma di un campo sulle montagne. Rovista tra i miei schemi e appunti, mi fa domande, si convince di qualcosa, mi chiede di migliorare altro. Vuole sapere perché questo viene prima e quello dopo e come ho pensato ogni attività. Vuole sapere di autobus, provviste, tempi e prenotazioni. Dopo alcune ore finiamo: io ero già finito da un pezzo. Mi chiede di inviarle il nuovo schema e di fare un po’ di telefonate. Dovevo darmi da fare: d’altra parte lei e la squadra del “progetto Sarajevo” organizzavano campi scout all’estero per duecento o trecento persone all’anno, in un’associazione in cui di solito non si va oltre i trenta quaranta.

Esigere:

Anna presiede una delle sue leggendarie riunioni notturne. Fatichiamo a seguirla, va come un treno. Qualcuno scherza su un gruppo particolarmente imbranato … ogni img_0212tanto ne capitano. Lei cambia tono: “io non ho mai lasciato indietro nessuno”. Ai campi in Bosnia potevano venire tutti, anche se la proposta era piuttosto impegnativa. A tutti però era chiesto di leggere, informarsi, arrivare preparati, affrontare l’esperienza in modo serio e adulto, di mettersi in gioco e crescere. Anche agli educatori.

Ascoltare:

parlo con M. del più e del meno. Mi racconta di una visita di Anna, in qualità di assessore, presso l’organizzazione in cui lavora, a Milano.

Parla della buona impressione che ha fatto sui suoi colleghi e del momento che ha ritagliato per chiacchierare con lei: “quando parli con Anna sembra che in quel momento per lei ci sia solo tu”.

Anna dà questa sensazione. Intendiamoci: il confronto con lei può essere duro, molto duro. Leggendari i nostri battibecchi. Ma l’ascolto e l’attenzione alla persona restano alti, e la ricerca di sintesi costante: “va bene – dice Anna – facciamo così come dici tu.”

Ho lavorato su diversi fronti con Anna, in associazione ho ricoperto incarichi che erano stati suoi. Ha agito sempre con rigore e professionalità e lasciato eredità molto ricche, di pensiero e contenuti. Ci scoccia ammetterlo ma nell’associazionismo questo non è sempre scontato.

Collaborare con lei significa alzare l’asticella: chiede di essere responsabili della tua parte, di farla molto bene, di curare i dettagli, senza scuse o alibi.

Lo fai volentieri perché è proprio quello che chiede a sé stessa. Abbiamo imparato tutti a fare, davvero, “del nostro meglio”.

Fa sorridere vederla definita “Renziana”… addirittura “di ferro”. L’indipendenza di pensiero che caratterizza la nostra (vice)sindaco va ben oltre queste facili etichette.


2 commenti

Rita Clema · Dicembre 19, 2016 alle 1:31 pm

GRAZIE!!!!

Rita Clema · Dicembre 19, 2016 alle 1:33 pm

Grande Silver, andiamo avanti!!!

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